La grave epidemia del bostrico sta colpendo e distruggendo i boschi delle Dolomiti. Insieme possiamo piantare nuovi alberi, per favorire la biodiversità dell’ecosistema e ridare un futuro alle nostre foreste.
Il bostrico è un piccolo coleottero autoctono, che da sempre vive nelle nostre zone, ma in modo equilibrato. In natura svolge un ruolo utile: attacca principalmente l’abete rosso e ha la capacità di individuare le piante deboli o malate. Il suo intervento accelera il processo di decomposizione degli alberi caduti, contribuendo così a restituire nutrienti al terreno e mantenere in salute l’ecosistema del bosco.
In passato, si assisteva ad un unico ciclo vitale del bostrico per ogni primavera-estate. Tuttavia, dopo la devastante tempesta Vaia del 2018 e a causa dei cambiamenti climatici, la situazione è peggiorata. Estati più lunghe e secche, anche a quote superiori ai 1.500 metri, e inverni troppo miti non permettono più di contenere la popolazione di questi insetti. Ora si possono osservare fino a 3-4 popolazioni nuove all’anno, un problema enorme per i nostri boschi.
Il bostrico si insinua sotto la corteccia e crea gallerie dove depone le uova. Le larve continuano a scavare per nutrirsi, bloccando il passaggio della linfa vitale e portando la pianta alla morte. Con le migliaia di alberi abbattuti dagli eventi atmosferici, il bostrico ha trovato un habitat ideale, ma la crescente popolazione ha spinto l’insetto ad attaccare anche alberi sani.
Il risultato? Milioni di piante distrutte, con gravi danni ai boschi del Nord-Est d’Italia e alle foreste di tutta Europa. Nel 2020, sono stati catturati fino a 200mila esemplari, quando la soglia di emergenza stabilita dall’Unione Europea è di 8mila insetti all’anno.
Favorire il ripopolamento del bosco con la riforestazione di nuovi alberi per garantire la biodiversità è quello che VAIA si impegna a fare per arginare la proliferazione del bostrico.
Come ci ricorda Cristina Salvadori – esperta entomologa presso il Servizio Fitosanitario della Provincia Autonoma di Trento “contro il bostrico non esiste una cura unica ed efficace per sempre, perché il fenomeno è in continuo mutamento. La ricerca, in questo senso, è fondamentale per studiare la sua evoluzione e i metodi per contrastarlo. Il bostrico ha danneggiato in maniera indelebile i nostri boschi, che non saranno più quelli di prima nei prossimi 50-100 anni. Allo stesso tempo ci ha fornito informazioni preziose utili a prendere le misure più corrette per il futuro, il futuro del bosco che verrà”.
Quando vediamo grandi macchie rosse sui versanti della montagna e boschi danneggiati ovunque, viene naturale chiedersi: “Perché non abbattere subito gli alberi colpiti per fermare il bostrico e proteggere quelli sani?” La risposta, però, non è così semplice. Non sempre si possono rimuovere subito gli alberi malati. Le ceppaie devono rimanere per stabilizzare i pendii, persino le radici di un albero morto possono trattenere il terreno per anni. Ogni intervento deve essere fatto con attenzione, per mantenere l’equilibrio della montagna e
proteggerla a lungo termine.
I boschi delle Dolomiti sono spesso dominati dalla presenza di abete rosso, una specie con radici superficiali, fragile di fronte a eventi atmosferici estremi. In passato, tempeste come Vaia erano rare, ed è per questo che si è favorita la diffusione dell’abete rosso, apprezzato per il suo legno pregiato. Oggi, però, è necessario un nuovo approccio. Promuovere una riforestazione orientata alla biodiversità, con specie più resistenti come larici o faggi, può
rafforzare i boschi, proteggere il terreno e ridurre i rischi idrogeologici, garantendo allo stesso tempo la sicurezza delle comunità locali.
Prima di mettere a dimora un albero, l’Ente Forestale si assicura che il terreno sia pronto ad accoglierlo. Questo vuol dire ripulire l’area eliminando erbacce, rami caduti, tronchi morti e tutto ciò che potrebbe ostacolare la crescita delle nuove piante per garantire loro le migliori condizioni.
Il lavoro dei forestali non si conclude con la messa a dimora degli alberi. Per garantire che la foresta cresca sana e forte nel tempo, è necessario proseguire con diverse attività di cura e manutenzione. Durante i primi anni, gli alberi devono essere irrigati e mantenuti regolarmente, va monitorata la presenza di parassiti e malattie, è importante anche controllare le erbacce, che potrebbero sottrarre risorse vitali come acqua, luce solare e nutrienti. Gli esperti forestali monitorano costantemente le condizioni ambientali del sito, per valutare l’impatto della riforestazione sull’ecosistema circostante e adattare le pratiche di gestione in base alle necessità.
Una filiera artigianale locale che trasforma il legno colpito dal bostrico in un progetto di
comunità: VAIA People, l’eleganza del legno e molto di più!