L’Italia sconta sotto molti aspetti una spiccata incapacità di riconoscere e potenziare i propri punti di forza. Non stupisce dunque che si rilevi una insufficiente considerazione nei confronti di una materia prima che riveste un’importanza strategica per il nostro futuro: il legno.
Sono almeno tre i fronti su cui ci è richiesto di pensare più attentamente a questa preziosa risorsa.
Il primo riguarda le filiere locali – non solo serbatoio di forza lavoro nei luoghi maggiormente esposti allo spopolamento, ma anche riserva di know-how e avamposto per la cura del territorio.
Il secondo si apre su una realtà che VAIA conosce altrettanto bene: i boschi. La nostra Penisola è coperta per il 38% da superfici boschive, a fronte di una media europea del 33%. Nonostante ciò, l’80% del legno utilizzato nei processi produttivi nazionali viene importato, andando anche a impattare sulle foreste tropicali. Per la loro capacità di “catturare” anidride carbonica, le foreste giocano inoltre un ruolo fondamentale nelle politiche di mitigazione ai cambiamenti climatici e di decarbonizzazione, che vedono l’Unione Europea programmare la piantumazione di 3 miliardi di alberi entro il 2030.
Risorsa sostenibile per eccellenza, il legno è infine un tassello fondamentale per la trasformazione circolare di settori chiave dell’economia, riducendo sia l’estrazione di materiali non rinnovabili, che l’utilizzo di energia e la quantità di rifiuti.
Attenti alla filiera: oltre l’arredo
Nascendo dagli alberi abbattuti dell’arco alpino, il VAIA Cube incarna tutti i passaggi della filiera del legno, a partire dalla sua primissima lavorazione in segheria. Il grosso della filiera italiana tuttavia si concentra su fasi di lavorazione che partono da legno grezzo e semilavorati importati: non è un caso che negli ultimi anni abbiamo assistito a un costante declino del numero di imprese e di addetti nel settore della prima lavorazione. Il focus su export e trasformazione è testimoniato dalla bilancia commerciale italiana, positiva per oltre 10$ miliardi – meglio di noi solo Cina e Polonia.
Il marchio del design italiano è indissolubilmente legato al settore del mobile. L’industria del legno arredo vede l’Italia ospitare il maggior numero di imprese di settore a livello europeo; la sua macro-filiera, secondo le stime riportate da Fondazione Symbola, “occupa 363.000 addetti e comprende 65.600 imprese, con valori di produzione di 27 miliardi di euro, il cui export raggiunge il 49% del fatturato”.
Tale eccellenza ha una connotazione fortemente territoriale: Veneto e Lombardia spiccano infatti tra le tre principali regioni produttrici di mobili dell’Unione Europea, mentre tra le prime 15 troviamo anche Marche, Friuli Venezia Giulia, e Toscana.
Ma la filiera del legno è molto di più: include il settore della bioedilizia, particolarmente vivace in periodo pre-Covid, e di settori innovativi e meno conosciuti della bioeconomia, come la chimica del legno, le bioplastiche, la biofarmaceutica, il tessile.
Nel decalogo Sisef 2021 per riattivare la filiera nazionale del legno troviamo proprio l’accento sui settori della bioeconomia forestale ad elevato valore aggiunto, così come il “miglioramento della qualità dei boschi e del legno per una maggiore produzione di legno da opera di alta qualità”. È su questo secondo punto che l’Italia ha significativi margini di manovra.
Radicare la decarbonizzazione
Se il legno è un materiale così funzionale, non c’è il rischio di sfruttare le foreste in maniera eccessiva? Come anticipato, l’Italia sfoggia una superficie boschiva ben superiore alla media, con tassi di prelievo legnoso attorno al 30% della crescita annuale (meno della metà della media EU). Il Ministero dell’Ambiente stima che la quota possa essere aumentata al 40-45%; unitamente al miglioramento della gestione dei boschi esistenti, l’incremento potrebbe annullare l’importazione di legno grezzo e dare nuovo slancio alle filiere locali della prima lavorazione, incentivando così l’industria Made in Italy del legno.
L’aumento dei prelievi non può prescindere da una gestione sostenibile del bosco. Benché l’Italia figuri come secondo paese al mondo per numero di certificazioni di filiera Fsc, la superficie di foreste certificate è ferma da qualche anno al 9%. Deve intervenire la competenza dei silvicoltori, che imitano e anticipano la Natura rinnovando la popolazione boschiva attraverso tagli mirati e pianificazione.
Le foreste sono un pilastro delle strategie di decarbonizzazione. Quelle italiane rimuovono ogni anno circa 46 milioni di tonnellate di CO2, poco più del 10% delle emissioni totali nazionali (2018). Dei nuovi 3 miliardi di fusti previsti dalla Strategia EU per la biodiversità 2030, 200 milioni sono stati assegnati all’Italia.
È ancora una volta il decalogo Sisef 2021 a fornire indicazioni preziose al riguardo: utilizzare legno locale è un primo passo importante verso la mitigazione climatica, indirizzandolo agli impieghi che massimizzano il sequestro di CO2, come l’edilizia.
Una decisa inversione di rotta è richiesta per diminuire l’uso di legname riutilizzabile come materiale di combustione. Ad oggi circa l’80% dei tagli ha questa destinazione – un trend in aumento, che secondo il prof. Davide Pettenella è “segno di un processo di despecializzazione delle produzioni di legname verso quelle di minor valore”. Per di più, l’effettivo impatto climatico delle biomasse è ancora materia di controversie.
Il potenziale del processo circolare
Il legno è indubbiamente tra i materiali più sostenibili in circolazione – una volta smaltito, non fa che rilasciare lentamente nell’ambiente il carbonio accumulato. L’industria del riciclo del legno è un settore fiorente, e permette di allungare il ciclo di vita di questa preziosa risorsa. Il player nazionale in questo ambito è il consorzio Rilegno, che dal 1997 si occupa di raccogliere, recuperare e riciclare gli imballaggi in legno. L’Italia ha realizzato così un sistema integrato su spinta legislativa, raggiungendo il primato europeo per pannelli truciolari riciclati (93%). Grazie all’attività del consorzio, più di 2 milioni di tonnellate di materiale vengono reimmesse nel circolo produttivo, andando a sopperire alla carenza di materia prima evidenziata sopra. La filiera italiana si contraddistingue anche per la sua efficienza energetica, poiché utilizza 30 tonnellate equivalenti di petrolio ogni milione di euro prodotto, a fronte delle 68 per la media EU.
La vera spinta alla transizione circolare tuttavia deve passare attraverso l’innovazione in campi ancora inesplorati, ed è qui che il legno offre gli sviluppi più interessanti. Oltre alla rivoluzione del settore tessile con fibre di cellulosa e viscosa, si annunciano di particolare interesse le operazioni di chimica verde e bioraffineria, per trasformare estratti del legno in schiume isolanti, aerogel, bio-vernici e bio-plastiche. Al centro di questi prodotti, perlopiù ancora in fase sperimentale, c’è il tannino, un estratto vegetale utilizzato da diverso tempo nella conciatura e in farmaceutica. Il caso della bio-vernice invece è un vero e proprio esempio di economia circolare, dato che è stata prodotta dagli scarti dell’industria come la segatura.
Affidare la realizzazione di ciò che verrà
Per riprendere il titolo di un recente contributo di Letizia Palmisano, la rinascita del post-VAIA sta davvero passando dall’utilizzo del legno – non solo con VAIA Cube, ma grazie a tante altre iniziative che hanno visto coinvolte realtà del calibro di IKEA e SlowFood.
C’è ancora molto da fare per rimettere al centro il legno, risorsa strategica del futuro. Abbiamo scelto di puntare sulle generazioni più giovani, lanciando in collaborazione con Associazione Forestale Italiana una sfida agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado: quali vie possiamo seguire per valorizzare il legno, data la sua fondamentale rilevanza per l’ambiente e l’economia? Sarà questa la domanda che guiderà la creatività dei ragazzi in occasione dell’hackathon di Cosmopolites, programmata per il 19-20 marzo 2021. Ci stupiranno, ne siamo certi.