Da più di due anni Mattia Barbarossa guida una squadra di arrembanti Under-30 con l’obiettivo di rendere accessibile il lancio in orbita di nanosatelliti. Il progetto vuole contribuire in particolare all’espansione umana verso la LEO (low Earth orbit), l’orbita terrestre bassa che ospita le stazioni spaziali internazionali. In Sidereus Space Dynamics, startup aerospaziale italiana, Mattia non riveste unicamente il ruolo di fondatore, ma anche di CEO e CTO: in altre parole, è responsabile sia del management che dello sviluppo tecnologico.
Mattia è classe 2001, anno in cui Kubrick fissa il compimento del suo celebre kolossal. Nel 2017 partecipa a Lab2Moon, una competizione lanciata da TeamIndus per portare un esperimento scientifico a bordo di un lander lunare. Il suo team, Space4Life, vince con l’idea di utilizzare i batteri come scudo protettivo contro le radiazioni celesti. Nel 2018 invece, si aggiudica l’Astrosat & Huntsville Prize, premio assegnato dall’Agenzia Spaziale Europea che gli ha dato la possibilità di volare in Alabama per visitare il Marshall Space Flight Center.
Facciamo a Mattia qualche domanda a margine della tavola rotonda del 29 ottobre, “Visioni per il futuro”, dove ha partecipato come panelist.
L’uomo e il suo rapporto con lo spazio
Ogni giorno, milioni di persone alzano lo sguardo verso la volta celeste. Cosa c’è dello spazio che tu pensi di vedere e che gli altri ancora non hanno intravisto?
Niente che l’umanità non abbia già nel mirino da millenni. Nelle Naturales Quaestiones, Seneca ci offre un esempio di come gli uomini abbiano, in ogni luogo e tempo, cercato di comprendere ciò che li circonda, e di come ciò contribuisca alla conoscenza di se stessi: “A che cosa, tu dici, ti gioveranno questi studi? Se a nient’altro, a questo sicuramente: saprò quanto tutto sia piccolo dopo aver misurato la grandezza di Dio”. In questi ultimi anni si parla molto di space economy – un trend forse passeggero, chissà – ma l’esplorazione del cosmo parla della nostra naturale spinta a progredire, ed è pertanto innata.
Le forme di vita sono intrinsecamente pioniere: il loro progresso le porta naturalmente a colonizzare altri spazi. Il cosmo è la nostra naturale meta ultima in quanto forma di vita in continua espansione. Se fino a pochi decenni fa la spinta era nel compiere i primi passi nei “dintorni di casa”, la sfida ora diventa espanderci nel cosmo, parte della naturale evoluzione della nostra forma di vita che come tutte ha come proprio obiettivo il progresso.
L’umanità sta cercando di espandere le proprie frontiere nello spazio per necessità, incapace di garantirsi un futuro sul pianeta Terra, oppure per scelta, guidata dal suo indomabile desiderio di esplorazione e conoscenza?
Circa settantamila anni fa, l’esplosione del supervulcano Toba ha alterato il clima terrestre al punto di minacciare l’estinzione dei nostri antenati. Oggi abbiamo più margini di controllo, ma continuiamo ad essere impotenti. Penso alle inondazioni che in questi giorni hanno colpito una città di un piccolo paese industrializzato come l’Italia – Catania –, e cerco di immaginare le conseguenze di simili fenomeni su scala planetaria, magari sotto la spinta dei cambiamenti climatici. È chiaro che l’idea di controllo rimane un’utopia, stupida ed egoista.
Credo che il progresso prescinda dalla nostra semplice preservazione, si manifesta nelle arti, nella cultura, nello sviluppo della società. La nostra espansione include dunque l’esplorazione spaziale, ma non solo. Dobbiamo avere sempre più cura dell’ambiente poiché supporta la nostra esistenza, e al tempo stesso allargare la nostra presenza nel cosmo.
C’è infine un aspetto più nobile della questione: non si tratta di semplice preservazione, ciò che rende lo spazio il prossimo grande passo è l’obiettivo stesso della vita, il progresso.
Percorsi danteschi
“Caronte”, “Virgilio” – con questi due nomi hai battezzato i primi prototipi di Sidereus Space Dynamics. La destinazione ultima qual è, l’Inferno o il Paradiso?
L’obiettivo finale di Sidereus è lo sviluppo di EOS, un veicolo che migliori le nostre capacità di espansione verso lo spazio vicino. Il percorso di sviluppo prevede la realizzazione di tre classi di veicoli – due prototipi e il prodotto finale, che sarà commercializzato.
“Caronte” rappresenta la nostra prima tappa. Si tratta di un unico prototipo che nel gergo dell’aviazione è detto iron bird, ovvero un velivolo statico che è servito a validare la manifattura. È stata la fase di sviluppo più complicata, in cui alle normali difficoltà iniziali si sono aggiunte la risoluzione di questioni tecniche e la ricerca di finanziamenti, – il nostro piccolo inferno, insomma.
Ora stiamo lavorando al primo prototipo della classe “Virgilio”. In questa fase l’obiettivo è di perfezionare le accensioni statiche del razzo e di effettuare test di volo a bassa quota. È una parte del lavoro faticosa, che richiederà lo sviluppo di più prototipi. Le prove di volo saranno effettuate da Terrace, un’experimental flight facility il cui nome richiama alle terrazze del Purgatorio dantesco. Con il nostro lavoro di esplorazione spaziale vogliamo guardare al futuro tenendoci ben ancorati alle nostre radici classiche, per ricordarci da dove siamo venuti. Prevediamo che alle fasi di lancio possa assistere anche il pubblico, specialmente quello italiano, che non ha grandi possibilità di avvicinarsi a questo tipo di eventi.
Con “Beatrice” infine raggiungeremo il nostro piccolo paradiso – i voli orbitali. Sarà la versione commerciale di EOS.
La forza del limite
Hai abbracciato la filosofia del “going small” e i limiti del panorama imprenditoriale italiano come fonte di innovazione. Puoi farci un esempio di vincolo o di ostacolo che ti ha portato a trovare soluzioni inaspettate, nel processo di design del prodotto?
Se c’è un motto aziendale che accompagna Sidereus fin dall’inizio, quello è “Audentes fortuna iuvat”. Ma siamo affezionati anche a “Mater artium necessitas”: lo sviluppo di EOS infatti si deve a una serie di particolari circostanze.
L’Italia dispone di risorse limitate per lo sviluppo di progetti come il nostro – i fondi per realizzare questo tipo di impresa sono di gran lunga inferiori rispetto ai paesi alla frontiera dell’aerospazio, come USA e Cina, e il territorio nazionale non ospita siti di lancio. Con EOS vogliamo rendere l’accesso alla bassa orbita terrestre il più universale possibile, e riuscirci in Italia dimostra che è possibile lanciare velivoli anche senza la disponibilità di infrastrutture. Questo aprirà un collegamento con lo spazio anche per i paesi meno sviluppati.
Conquistare l’orbita terrestre bassa è un obiettivo intermedio fondamentale per l’espansione verso lo spazio. Quando saremo capaci di trasportare cose e persone in maniera veloce ed economica dalla superficie terrestre a qualche centinaio di chilometri di altitudine, avremo le infrastrutture necessarie ad espanderci molto più lontano. A quel punto, si tratterà semplicemente di coprire distanze maggiori.
Ispirazioni spaziali
C’è stato qualcuno che ti ha ispirato più di altri a perseguire la strada dell’innovazione aerospaziale? Se sì, qual è stato l’insight decisivo?
Le persone che hanno contribuito ad alimentare la mia passione sono molte. Di Piero Angela ho ammirato l’amore puro per la cultura. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto appieno, incoraggiandomi a coltivare la curiosità. Il mio professore di fisica delle superiori mi ha appoggiato anche quando le attività extra-scolastiche andavano a scapito del mio rendimento curriculare.
Tra i miei eroi personali poi c’è Enrico Fermi, che reputo una delle personalità più eccezionali del Novecento e non solo – un secolo che tra Einstein, Schrödinger e Dirac certo non era a corto di menti brillanti. Dalla straordinaria biografia a cura di Emilio Segrè, ho potuto conoscere la sua bontà, la sua poliedricità nell’affrontare problemi di natura teorica così come applicata, e la sua fermezza nell’affrontare eccezionali sfide morali, come in occasione dei dilemmi etici presentati dal bombardamento di Hiroshima.
È impossibile riassumere tutte le influenze che mi hanno plasmato per quello che sono. Il vantaggio di cui godiamo oggi è di poter accedere a tutte queste storie straordinarie, che ci danno consapevolezza riguardo ciò che è possibile. Con Sidereus, spero di contribuire in parte infinitesimale al progresso umano.